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Come funziona la ritenuta ? Come si differenzia a seconda della tipologia di professionista? Quali sono le sue modalità di emissione? Ecco tutte le risposte!
La ritenuta d’acconto è una trattenuta IRPEF sulle somme di denaro percepite da clienti titolari di partita IVA. Non è applicabile verso i privati ma può venire operata nei confronti di un collaboratore.
Si tratta di un anticipo sulle imposte complessivamente dovute, quindi va detratto dall’ammontare delle ritenute subite in fase di compilazione della dichiarazione dei redditi.
Dunque, è il cliente stesso che anticipa parte delle tasse che andranno liquidate con la dichiarazione dei redditi, attraverso lo strumento dell’F24.In questo senso, agisce come sostituto d’imposta, in quanto è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, e deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso.
La percentuale della ritenuta d’acconto è pari al 20% per i professionisti residenti in Italia e al 30% per i non residenti.
In fattura, la ritenuta si applica sul valore complessivo, che comprende:
È invece esclusa dalla base imponibile l’eventuale Cassa previdenziale.
I professionisti senza cassa previdenziale possono addebitare ai committenti il 4% dei corrispettivi lordi. E’ una maggiorazione a carico del cliente che aumenta i loro corrispettivi, quindi è stata resa imponibile ai fini IRPEF, assoggettata a ritenuta d’acconto e all’IVA.
Sono quelli iscritti ad un albo, che dispongono di una cassa di categoria alla quale versare i contributi.
I contributi integrativi sono calcolati sul volume d’affari ai fini IVA e vengono addebitati in fattura al cliente. A differenza dei professionisti senza cassa, l’aliquota di rivalsa non è sempre del 4%, ma varia a seconda della cassa di previdenza alla quale si appartiene.
Dal punto di vista fiscale questo contributo integrativo deve essere assoggettato ad IVA ma non è assoggettato ad IRPEF, in quanto non ha la natura di corrispettivo.Pertanto non concorre base imponibile per il calcolo della ritenuta d’acconto.
Nel caso in cui datore di lavoro si avvalga di collaboratori sprovvisti di partita IVA per collaborazioni che non superino i 5.000€ di compenso lordo nell’anno, si usa la formula della collaborazione occasionale, comunemente chiamata collaborazione a ritenuta d’acconto.
Formalmente è il collaboratore che consegna la ricevuta al committente come se fosse una fattura. In realtà spesso è il committente che fornisce un modello di ricevuta che il collaboratore firma e consegna perché quest’ultimo non sempre sa produrla, non essendo un vero e proprio professionista.
Una volta consegnata la ricevuta al committente, questo provvede a:
Quindi:
Chi decide di lavorare in ritenuta d’acconto dovrà applicarla (e quindi fare la relativa ricevuta come spiegato prima) su questi compensi:
La ritenuta d’acconto non va applicata, invece sui compensi inferiori a 25,82 euro per prestazioni di lavoro autonomo occasionale corrisposti da enti pubblici o privati che non hanno come oggetto principale l’esercizio di attività commerciali.
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